Test predice l’utilità della chemio: nuove conferme dalla pratica clinica.

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I dati presentati al San Antonio Breast Cancer Symposium

Arrivano nuovi dati che confermano l’efficacia di Oncotype DX, il test genomico utile per identificare le donne che traggono beneficio dalla chemioterapia e quelle per le quali, invece, non sarebbe necessaria. In particolare, le nuove evidenze – presentate durante il San Antonio Breast Cancer Symposium (Texas, 10-14 dicembre) – sottolineano il valore del test nelle pazienti giovani con tumore al seno in fase iniziale con e senza coinvolgimento dei linfonodi.

Il test Oncotype Dx

I dati provenienti da due ampi studi suggeriscono che l’uso di Oncotype DX nella pratica clinica è in linea con i risultati dei precedenti studi tra cui TAILORx, il più grande mai realizzato sui trattamenti adiuvanti per il cancro al seno e per il quale l’autore principale Joseph A. Sparano, ha ricevuto proprio al San Antonio Breast Cancer Symposium il premio William L. McGuire Memorial Lecture Award. Lo scorso anno, TAILORx ha mostrato come il test Oncotype DX riesca a individuare definitivamente la stragrande maggioranza delle donne con carcinoma mammario allo stadio iniziale che non ricevono alcun beneficio dalla chemioterapia e un’importante minoranza per la quale la chemioterapia può essere, invece, fondamentale. ll test analizza alcuni geni del tumore alla mammella e i risultati vengono poi sintetizzati in una formula che fornisce un valore numerico: è proprio questo valore – compreso tra 0 e 100 – a dare informazioni non solo sulla probabilità di recidiva del tumore a 10 anni dalla diagnosi, ma anche sull’utilità della chemioterapia per ogni singola paziente.

I risultati che confermano l’efficacia del test

I dati presentati a San Antonio hanno confermato i risultati di TAILORx che aveva mostrato come coloro che che avevano un punteggio inferiore a 25 – ed erano circa l’80% delle pazienti – potevano evitare in modo sicuro la chemioterapia con i suoi ben noti effetti collaterali, mentre per coloro con punteggi da 26 a 100 la chemioterapia poteva essere determinante. Ora, un’analisi dal database nazionale degli Stati Uniti (U.S. National Cancer Database) di oltre 4.700 donne di 40 anni o più giovani con la malattia che non aveva coinvolto i linfonodi, ha mostrato una distribuzione dei risultati del test coerenti con l’evidenza clinica esistente: fino all’80% delle pazienti presentava, infatti, un punteggio basso (0-25). Un punteggio più alto risultava, invece, associato a una peggiore sopravvivenza globale a 5 anni. In secondo luogo, un’altra analisi dal programma Surveillance, Epidemiology e End Results (SEER) del National Cancer Institute (NCI) ha fornito conferme nella pratica clinica del valore del test Oncotype DX in pazienti di età pari o inferiore a 50 anni con la malattia che coinvolge i linfonodi (fino a tre linfonodi positivi). I risultati da più di 2.500 pazienti hanno indicato un’associazione significativa tra i risultati del punteggio del test e la mortalità dovuta specificamente al cancro al seno: le pazienti giovani con punteggio tra 0 e 25 e che non avevano fatto alcun uso di chemioterapia, registravano a cinque anni una mortalità inferiore del 2%.

I primi dati raccolti dopo 10 anni

Altri dati, recentemente pubblicati su NPJ Breast Cancer, riportano i risultati a 10 anni, incluso il rischio di recidiva a distanza, da un’ampia coorte di pazienti che ha utilizzato il test per prendere le decisioni sul trattamento da seguire. I ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche di oltre 1.300 donne con tumore al seno senza coinvolgimento dei linfonodi che hanno deciso se fare o meno la chemioterapia sulla base del punteggio del test. I risultati hanno mostrato che il ricorso alla chemioterapia è stato in linea con i risultati del test e che le pazienti con un punteggio compreso tra 0 e 25 – per la maggior parte trattata solamente con la terapia ormonale – hanno avuto esiti buoni a 10 anni, con bassi tassi di recidiva a distanza. Per coloro che avevano registrato un punteggio tra 11 e 25, invece, non ci sono state differenze statisticamente significative dopo 10 anni in termini di recidiva tra coloro che hanno fatto chemioterapia e coloro che hanno seguito solo la terapia ormonale.

I dati su test e radioterapia

Sempre a San Antonio sono stati presentati altri studi, tra cui uno che ha valutato l’impatto del test Oncotype Dx sulle raccomandazioni di radioterapia in oltre 200 pazienti dopo l’intervento conservativo al seno. Insieme alle caratteristiche cliniche del tumore, i risultati hanno permesso di identificare meglio le donne con un rischio stimato basso di recidiva locale a 10 anni dalla diagnosi, portando a una riduzione significative delle raccomandazioni alla radioterapia.

FONTE ARTICOLO: https://www.repubblica.it/dossier/salute/saluteseno/2019/12/16/news/tumore_al_seno_il_test_che_predice_l_utilita_della_chemio_nuove_conferme_dalla_pratica_clinica-243634200/

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